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Forme di violenza

Violenza psicologica: è definibile come quell’insieme di strategie volte ad esercitare potere e controllo sulla vittima attraverso azioni quali denigrarla, farla sentire in colpa o inadeguata come donna, moglie, amante, lavoratrice o madre, offenderla, convincerla che è pazza, controllare quello che fa e quello che dice, isolarla, minacciare di lasciarla, di suicidarsi, di portarle via i figli o di denunciarla alle Forze dell’Ordine o al Servizio Sociale, attribuirle la responsabilità del comportamento violento o usare la gelosia per giustificare le proprie azioni, farla sentire in colpa come genitore.

Tali comportamenti veicolano il messaggio che la persona sia di poco valore: la persona che li subisce pertanto può facilmente introiettare tali convinzioni che diventano parte integrante della propria identità personale.

Ciò può indurre nella donna perdita di autostima, ansia e paura per la propria situazione e quella dei figli, auto colpevolizzazione con profondo senso di impotenza e depressione.

Violenza fisica: è caratterizzata da comportamenti, agiti o intimati, lesivi per integrità fisica della donna quali l’essere spinta, afferrata o strattonata, l’essere colpita con un oggetto, schiaffeggiata, presa a calci, a pugni o a morsi, il tentare di strangolarla, di soffocarla, di ustionarla, minacciarla con delle armi, rompere oggetti di sua proprietà.

Le conseguenze possono essere anche gravi, con traumi dagli esiti reversibili e non, insorgere di problemi psicosomatici, disturbi del sonno, danni permanenti alle articolazioni, cicatrici, perdita parziale dell’udito e/o della vista.

Violenza economica: designa quelle strategie perpetrate al fine di limitare o controllare l’indipendenza economica della persona, tra cui impedirle di lavorare o di mantenere un lavoro, costringerla a chiedere soldi, prenderle i suoi beni, negarle l’accesso alle informazioni sul reddito familiare, rifiutarsi di pagare l’assegno di mantenimento, costringerla a firmare contratti o ad indebitarsi.

Violenza sessuale: considerate le situazioni in cui la donna è costretta a fare o a subire contro la propria volontà atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati subiti per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti, visionamento obbligatorio di materiale pornografico ed imitazione di tali comportamenti, costrizione a scambi di coppia, frequentazione di privè

Stalking: è definibile come “un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore”. Tali condotte persecutorie rappresentano una modalità relazionale ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima e si esplicano in comportamenti quali pedinare la persona, aspettarla o fare incursioni sul luogo di lavoro, a casa o in altri luoghi frequentati dalla vittima, telefonarle continuamente, lasciarle ripetuti messaggi o inviarle regali non graditi. Tale relazione forzata viene messa in atto allo scopo di mantenere un controllo e generare ansia e paura, condizionando così il normale svolgimento della vita quotidiana e minando l’autonomia personale. Il reato di stalking è descritto al comma 1 dell’articolo 612-bis del  Codice Penale Italiano ed è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.